Change Your Image
carlo-770-872202
Reviews
Morire gratis (1968)
Wonderful road-movie
A very new movie, in 1969, very nice road-movie with few actors and Franco Angeli, the Artist, is sculptor in his private life... So, he makes a new sculpture, called "Lupa Capitolina", during summer in Rome. Some people want to buy this work introducing drug into the empty body. Late at night the Artist takes the seat at the wheel of his car, a stunning Alfa Romeo Giulia Super, a sport sedan type, loved in Italy and used by the Police and also... by gangs of thief. He drives his car for a trip to Paris to sell the "Lupa Capitolina" and the drug inside. At the first stop he meets Michelle, young nice french woman. He meets also an Italian gentleman driving a Jaguar. Soon the Artist has a struggle with him. The Artist is always angry, unpleasant and smokes many cigarettes at the wheel of the car. Michelle makes the trip with him to Paris speaking, thinking about life during the time. Always the Artist drives his car very fast on normal roads, he is a very good driver. This movie is very good, many sequences with on-board camera are stunning, a very nice road-movie. - Carlo 770 from Italy -
C'était un rendez-vous (1976)
Parigi, un'auto, una donna...
E in più, il guidatore dell'auto, che all'alba in una Parigi ancora assonnata che si sta svegliando, corre in tutta fretta per incontrare la sua donna che lo aspetta in quel di Montmartre. Più che un "corto", questo film è un'opera sperimentale che è tuttora avvolta da un alone di mistero che dura da più di trent'anni. Infatti pare che il regista, dopo una prima proiezione, lo tolse dalla circolazione per timore di avere guai legali con la Polizia dal momento che nella pellicola si notano alcune... disinvolte prestazioni del pilota dell'auto che per giungere in tempo al "rendez-vous" con la fidanzata non osserva alcune regole del codice della strada. La trama è semplice. Un uomo al volante di una vettura sportiva attraversa Parigi in modo veloce e brillante per abbracciare la sua amata. La telecamera è montata sul muso dell'auto, molto in basso, e questo aumenta l'impressione della velocità oltre a non far apparire neppure un centimetro della carrozzeria della vettura, che "dovrebbe" essere una Ferrari. Infatti da notizie ufficiose l'auto sarebbe una Ferrari 275 GTB "coda lunga" di proprietà dello stesso regista (Claude Lelouch) e guidata da un ex-pilota francese di Formula Uno, Johnny Servoz-Gavin (purtroppo morto da un paio di anni a causa di una malattia). Che si tratti di un professionista della guida veloce si nota chiaramente dalla disinvoltura e prontezza di riflessi che mostra durante i nove minuti di ripresa, dove viaggia in quinta marcia lungo i Campi Elisi e affronta in seguito una ripida e stretta strada che porta alla collina di Montmartre a una velocità assolutamente impensabile per un guidatore "normale". Ci sono tre sequenze assolutamente straordinarie che è giusto citare. Dopo i Campi Elisi bisogna svoltare a destra, lui arriva velocissimo e "butta" letteralmente di traverso sul porfido la vettura, con grande lamento dei quattro pneumatici a cui segue una perfetta scalata di marce (dalla quinta alla prima) con uso di "doppietta" e "punta-tacco". A metà percorso in un vicolo stretto un imprevisto, un camion fermo per le consegne mattutine occupa quasi tutta la strada: anche qua grande determinazione con frenata potente, grande scalata di marce e superamento dell'ostacolo con transito sul marciapiede vicino ad una donna in vestaglia alquanto incredula. Prima della salita finale c'è una lunga curva a sinistra percorsa in accelerazione e i fari del'auto, insieme al suono del potente motore, fanno "scappare" gruppi di tranquilli volatili dalla sede stradale. L'audio è stato rimasterizzato e permette di ascoltare e apprezzare l'ottimo lavoro del guidatore al volante di una vettura sportiva molto impegnativa come quella usata, priva di qualsiasi aiuto di tipo elettronico, con un classico cambio manuale a cinque marce e forse anche priva di servosterzo. Il suono del motore a dodici cilindri è straordinario, si può quasi parlare di musica e gli appassionati capiranno... Una curiosità: nella foga il guidatore, dopo una piccola strettoia, effettua una "sfollata" tra la seconda e la terza marcia, senza comunque perdere assolutamente il ritmo, e questo è forse un valore aggiunto che dimostra come in questo film tutto è fedele alla realtà e non è stato manipolato nulla (una nota avvisa appunto che nessun artificio è stato usato per rendere più veloce la ripresa). Il finale, con l'arrivo a Montmartre e la fidanzata che si "materializza" sulla scalinata è davvero bello e suggestivo.
A Crime (2006)
Lei, un tassista e un boomerang...
Un thriller bello, innovativo, con due grandi protagonisti che duellano in bravura e una New York gelida e invernale a fare da sfondo a questa storia di passione e giustizia. Lei, Emmanuelle Béart (Alice), bellissima e malinconica con quel difficile (e discutibile...) compito da portare a termine per riuscire a dare un pò di tranquillità al suo fidanzato Vincent (Norman Reedus), davvero diabolica nel suo incedere senza scrupoli verso il risultato finale. E lui, Harvey Keitel (Roger), tassista rozzo ex-alcolizzato, una vita disillusa e un boomerang come unico amico e certezza... Ecco, alcune sequenze girate in esterno con i tre protagonisti e cioè Alice, Roger e appunto il boomerang, sono davvero suggestive e con i dialoghi secchi ma pacati sono tra le cose migliori del film. Per Norman Reedus una parte un pò marginale anche se necessaria per la trama, inconsueta e intrigante, fatta quasi "ad hoc" per questa trasferta oltre oceano dell'attrice francese. New York, fredda e gelida e lei, Emmanuelle Béart, francese D.O.C. con lo sguardo spesso triste, splendida quando tutta coperta e infreddolita serve le pietanze calde ai poveri della città. Questo contrasto forte, così netto, vale da solo la visione del film. E poi c'è Harvey Keitel, determinato ma calmo, con le sue "pillole di saggezza" che propina parlando del suo boomerang e della sua vita bizzarra. Lui che proprio in questi luoghi era già stato protagonista in "Copkiller" di Roberto Faenza, da molto tempo non più trasmesso. Tre sequenze da ricordare. Il primo "vero" incontro tra Alice e Roger, dove viene lanciato il boomerang che puntualmente torna indietro, dopo molti... sguardi e parole tra i due. La telefonata di Alice a Roger, motivata da una sorta di rimorso per ciò che il suo piano diabolico sta per provocare. Il boomerang che volteggia in cielo, quando ormai Alice e Vincent sembrano arrivati alla serenità tanto attesa, una immagine inquietante e premonitrice. E il colpo di scena finale, geniale e spiazzante, che intriga una volta in più la mente dello spettatore. Attori bravissimi, una storia interessante e una fotografia eccellente, un ottimo film.
Follow Me Quietly (1949)
Un poliziotto, una giornalista, un manichino...
Un gustoso "noir" americano con pochi personaggi, tutti ben costruiti, un serial killer da scovare e un trovata... davvero curiosa. Il detective Grant brancola nel buio alla ricerca di un pericoloso assassino che agisce sempre nelle giornate di pioggia. Gli omicidi si susseguono incalzanti e lui sta quasi per gettare la spugna dando il caso in mano a un altro. Ma all'improvviso una bella e disinvolta giornalista gli si affianca nelle indagini e lui ha un vero colpo di genio. Costruire un manichino (senza volto) per mostrarlo alle persone e acquisire così possibili indizi. Sembra una banalità ma con questo artificio riesce a scoprire il nome del probabile serial killer e a tendergli un agguato proprio al suo rientro a casa. Due sequenze da citare. Lo scambio al commissariato tra manichino e assassino (una vera beffa ai danni di Grant) e il finale, girato in una gigantesca fabbrica e arricchito con alcune belle inquadrature dal basso. Il film ha un altro pregio, dura solo un'ora e l'attenzione dello spettatore non viene mai meno. Un bel thriller, brioso ed inquietante, da vedere anche in lingua originale con sottotitoli.
Fangio: Una vita a 300 all'ora (1980)
Fangio, "The Master".
Juan Manuel Fangio, five times World Champion, one of the great Formula One drivers of all times. His story with vintage rare movies and actual (1981) interview, telling to director Hugh Hudson his story about his long career driving Alfa Romeo, Ferrari, Mercedes, Lancia and Maserati, the car that gives him last victory in 1957 at Nurburgring. Hugh Hudson makes a fine job. From the beginning with an old Chevrolet until the last season in 1958. Fangio talks about himself into a pub, on a track, near the sea at Montecarlo. A beautiful sequence, Fangio and Monza track, 1981, seventy years old with his old helmet, waiting the mechanics at work on F.1 Alfetta 159. The track, the man, the car... Silence, then Fangio takes his seat at the wheel of the car and starts the engine... what a music! Dramatic scene, the reportage about his last victory in 1957 at Nurburgring, with old heavy Maserati 250 F and Collins and Hawthorn, driving new Ferraris, behind him, "The Master". Many sequences from 1971 Monaco Grand Prix, the drivers are Stewart, Hulme, Ickx, de Adamich, Cevert, Beltoise and Reine Wisell. A very nice movies, a very masterpiece, the best actually available.
Der Knochenmann (2009)
Ironico, nuovo, spiazzante.
Questo "Lo Scheletro" di Murnberger è un film "sorpresa". Esagerando si potrebbe dire che vengono citati Bunuel, Tarantino, i fratelli Cohen. Non è proprio così, ma... Il film parte lento, in modo anonimo, poi le situazioni curiose si susseguono e tengono attento lo spettatore. A poco a poco si svela il personaggio di Brenner (Josef Hader), una sorta di detective free-lance che si adatta di volta in volta ai bizzarri compiti che gli vengono assegnati. Una personalità complessa, quella di Brenner. Non ride quasi mai, la sua espressione è sempre "statica", dal suo viso non traspare mai una sola emozione, parla poco e solo a volte si notano sguardi sorpresi o increduli. La trama è alquanto ricercata e densa di personaggi che entrano nella vicenda a ritmi alterni ma (e questo è importante) mai sovrapponendosi. Ognuno attira sempre la giusta attenzione. Brenner si trova a che fare con il robusto e perfido gestore di un Motel, all'apparenza solo un pò scontroso, che invece senza scrupoli non esita a farsi giustizia da solo con modi cruenti e orripilanti. Ma si imbatte anche in un giovanotto amante della vita comoda e facile (ha una Porsche...) con una bella moglie già stufa di lui. Ci sono poi due amici che si trovano, per loro sfortuna, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Andranno incontro a noie molto grosse. Anche il "capo" di Brenner è un bel personaggio, così pacato ma propenso anche lui ad imbattersi in guai gratuiti. Avrà modo di conoscere con Brenner sconcertanti rivelazioni all'interno della Locanda-Motel in quello sperduto luogo di montagna. Ora, alcune sequenze divertenti. Brenner armeggia con i tasti della Mini Cabrio, sbaglia qualcosa e il tetto in tela dell'auto vola via. E siamo in pieno inverno... Il giovane rampollo con Porsche viene buttato fuori strada e rimane impantanato nella neve (anche se la macchina ha la trazione integrale). Sempre lui, al Comando di Polizia non viene ascoltato perchè ha posteggiato in un posto riservato... Ancora lui, si mette al volante della sua Porsche 911 di notte ma il parabrezza è ghiacciato. Allora prova con il fiato a pulirlo soffiandoci sopra... Esilarante! Ha un'auto da 100.000 euro e non possiede un raschietto per ghiaccio? Da non credere... Uno dei due amici curiosi (anche se altruisti) visti all'inizio vaga con una gamba ingessata su una sedia a rotelle nel mezzo di una strada di montagna innevata. C'è anche una festa in maschera con alcune note canzoni pop anni '80. La scena "top" è comunque quando Brenner, affamato e in piena notte, va nella cucina del Motel e si sazia con un gulash appena preparato con ingredienti...davvero sopraffini, definendolo "molto gustoso!". Un film "nuovo", divertente e paradossale, con alcuni piccoli tocchi di genialità a livello di inquadrature che lo rendono ancora più originale. Da vedere e valutare, dura oltre due ore ma non annoia. Ottimo per regia, sceneggiatura e interpretazione del personaggio principale (Brenner) da parte di Josef Hader.
Le conseguenze dell'amore (2004)
Eccellente, già dalla sigla.
Ci sarebbe da scrivere molto su questo film "quasi" perfetto di Sorrentino, sicuramente una delle migliori opere italiane di questi ultimi anni. Il personaggio di Titta di Girolamo, interpretato da un Toni Servillo in stato di grazia, è straordinario per intensità umana e adattamento allo stato di solitudine forzata per un suo "errore" in campo finanziario. Tutto ruota intorno a lui. Personaggi bizzarri, a volte troppo curiosi (è il caso di Letizia, l'uomo d'affari di passaggio a Lugano dopo un soggiorno in Messico...), la barista dell'Hotel dove lui vive da anni e che risveglia in lui sentimentalismo e pensieri gentili, il direttore dell'Hotel stesso, spiazzato senza pietà da Titta durante un colloquio amichevole ma interessato, direttori di banca accondiscendenti e incuriositi da questo uomo colto, riservato, di poche parole e molto risoluto nei dialoghi, secchi e sempre vincenti a suo favore. E poi l'anziano giocatore d'azzardo dalla vita "spettacolare" che sogna di andarsene in modo rocambolesco, accompagnato sempre dalla moglie molto più saggia... Un discorso a parte merita la sigla d'apertura, un piccolo capolavoro da vedere e rivedere più volte. La struttura dell'inquadratura, così rigorosa per forma ed essenzialità, appaga in pieno gli occhi dello spettatore. Il nastro trasportatore, in diagonale, sembra molto più lungo e lascia lo spazio a sinistra per i nomi dei protagonisti. Alcuni elementi fondamentali fanno sì che il tempo di durata della sigla venga dilatato. Innanzitutto la musica, scelta "ad hoc" dal repertorio dei Lali Puna. L'uomo che arriva con la valigia (questa si vede solo al termine del tragitto), che all'inizio sembra un'ombra e si materializza a poco a poco. La totale assenza di altri viaggiatori, che rende lo scalo quasi dimenticato. E poi quella luce, intermittente, alla fine del nastro automatico, che scandisce in modo lento ed inesorabile il passare del tempo, dei secondi, dei minuti. Un elemento fisso e immutabile che però rende viva l'inquadratura statica. Innumerevoli le scene da ricordare, tanto che qualcuna viene forse meno considerata. Tra queste almeno tre si possono citare. La prima quando Titta risale in stanza dopo le pulizie quotidiane, si affaccia alla finestra e vede un giovane che, per seguire con lo sguardo una bella ragazza, batte seccamente la testa contro un palo. Una scena che suscita ilarità ma non in lui, che rimane indifferente, dopo avere per l'ennesima volta evitato di salutare la donna di servizio. La seconda scena è la trasformazione, quasi violenta, che subisce la sua immagine quando diventa l'uomo che deve trasportare la misteriosa valigia in una Banca di Lugano. Togliendo il telo dalla sua BMW berlina e mettendola in moto sembra davvero un'altra persona, un perfetto James Bond in missione segreta. La terza scena quando si accorge che due nuove clienti hanno occupato il tavolo nella hall dell'albergo di solito riservato a lui. Gli chiedono se devono spostarsi e Titta, in modo risentito ma educato, esclama - "Non saprei..." - Poi viene trovato un accordo per condividere lo stesso spazio... Ma non si può dimenticare l'inizio, quando Titta parla di se stesso, ammette di non avere immaginazione e suggerisce allo spettatore "quell'individuo con il papillon..." Lo spettatore, proprio lui, che ha appena iniziato la visione di questo straordinario film la cui inevitabile "conseguenza" sarà consigliarlo agli amici appassionati di buon cinema.
The Thomas Crown Affair (1968)
Lui e lei, raffinati e snob
A lungo dimenticato dalla critica, questo interessante poliziesco-rosa viene ora giustamente rivalutato, e i motivi sono molteplici. Steve Mc Queen e Faye Dunaway sono al massimo della forma, belli, affascinanti, intriganti e molto snob. La trama è davvero unica, un uomo d'affari annoiato (e non un banchiere come spesso viene scritto...) deve trovare un'alternativa al lavoro e alle sue mille passioni, e cioè il polo, gli alianti, le numerose fidanzate occasionali (è divorziato), il golf la domenica, le corse folli in dune-buggy sulla sua spiaggia privata. L'alternativa è quella di ideare un colpo "perfetto" dove tutto funzioni come un orologio e trarre poi soddisfazione ad azione conclusa. I soldi non sono fondamentali, visto che ne ha già moltissimi. Norman Jewison inserisce anche due personaggi molto diversi tra loro ma che riescono a suscitare la simpatia del pubblico. Uno è il tenente Malone (Paul Burke), rigido e poco propenso alla risata. L'altro è Erwin, il rapinatore "pasticcione" con una situazione famigliare disastrosa che è interpretato da Jack Weston. Il regista usa spesso lo split-screen (più immagini appaiono sullo schermo con dimensioni diverse) molto in uso all'epoca e che serve soprattutto in due occasioni. Nei titoli di testa, dove accompagnati dalla musica di Michel Legrand "spiegano" già molto sui personaggi, e nella sequenza della rapina alla banca, dove si riesce così a capire ogni spostamento e luogo di partenza di ogni singolo rapinatore, "attivati" tutti dalle telefonate di Thomas Crown dal suo ufficio. Alcune sequenze sono veramente affascinanti e degne di nota. Crown arriva con la sua Rolls a casa, scende e guarda la vettura dove nel baule ha riposto il bottino e beve poi un brandy in salotto complimentandosi con se stesso. Il secondo incontro con Vicky Anderson (F. Dunaway) alla vendita all'asta, dove lei chiaramente dice di sospettarlo per il colpo alla banca. Il volo in aliante, lui solo nel cielo con i suoi infiniti traguardi. La spericolata corsa in dune-buggy e la spensierata passeggiata al mercato per comprare frutta e verdura. Ma la sequenza più intrigante è senza dubbio la partita a scacchi nel salotto della casa di Crown tra lui e lei. Si scrutano, si sfiorano, si innamorano, lentamente avvolti in un'atmosfera ovattata, delicata, molto glamour. Un film sofisticato, dove Steve Mc Queen e Faye Dunaway sono a proprio agio nei rispettivi ruoli e danno veramente il meglio. A fare da scenario la città di Boston, austera e distaccata.
Le pont du Nord (1981)
Parigi, due donne, il caso...
Rivette non si smentisce e firma un altro grande film, quasi un "noir" dalle circostanze a dir poco inconsuete. Oltre alle due protagoniste Marie (Bulle Ogier) e Baptiste (Pascale Ogier) è la città stessa, Parigi, a giocare un ruolo fondamentale nella vicenda. Con i suoi rumori di auto, ciclomotori e mezzi pubblici riempie gli spazi vuoti tra i dialoghi delle due superbe protagoniste e questo è un valore aggiunto all'opera perchè in alcuni momenti sembra quasi di essere lì insieme a loro, a bere un pernod in un bistrot di Montparnasse... Una trama esile ma ben studiata. Due donne si incontrano in modo casuale e non proprio piacevole per strada. Da quel momento il caso si impadronisce di loro e dopo altri incontri diventano legate. Qualche diffidenza, poi iniziano a fidarsi l'una dell'altra. Due donne non felici, segnate da amarezze e problemi vari. Marie è appena uscita dal carcere e soffre di claustrofobia. Baptiste è inquieta, svampita, eccentrica, per non dire altro... Sono alla ricerca di conferme e di un pò di felicità, solo un pò. D'altronde sono abituate a dormire su una panchina o in qualche vettura trovata aperta. Marie ritrova il fidanzato Julien e con lui nuovi guai. Abbonato anche quest'ultimo a disavventure varie, neppure troppo intelligente, tanto da perdere stupidamente gli ultimi soldi che gli consentirebbero di prendere un taxi. Il nuovo guaio è una valigetta (quasi pericolosa comunque come quella che viene contesa in "Ronin") sottratta a questo "perditempo", nella quale vengono trovati molti ritagli di giornale, articoli vari di cronaca nera. Si imbattono poi in un cadavere e seguono i misteriosi "punti" segnati su una mappa. Uno strano motociclista compare di tanto in tanto a intrigare ancor più la vicenda. Il finale è crudo e sconcertante ma d'altronde tutto il film è molto particolare e suggestivo, arricchito da inquadrature davvero uniche. La versione originale francese permette di apprezzare la bella voce di Pascale Ogier. Assolutamente straordinaria la scena del combattimento tra Baptiste e il "drago" meccanico, nel mezzo di un'area di Parigi in ricostruzione.